I Paesi emergenti alzano i tassi e fanno ballare i mercati. Conviene investire?
Tassi alti uniti a potenziali prospettive di riapprezzamento di alcuni cambi potrebbero rappresentare una opportunità di investimento, seppur ad altissimo rischio? Lo abbiamo chiesto ad alcuni gestori.
«L'India, il Brasile e Indonesia, hanno innalzato i tassi e tale aumento dovrebbe continuare. La Turchia e il Sud Africa hanno seguito lo stesso esempio all'inizio della settimana. Il premio al rischio è generalmente interessante nei mercati dei paesi emergenti, nei quali le banche centrali adottano una politica proattiva e in cui le esigenze di finanziamento rimangono sostenibili», spiega Georges Farre, Head of Emerging Markets La Française Am. La Polonia non è nell'euro. Viaggia con un deficit/Pil del 3,9% un debito/Pil del 55,6%. Paga sul debito a 10 anni tassi pari al 4,4%, circa 50 punti base in più dell'Italia. Il tasso di disoccupazione è al 13,4% a fronte di un tasso di inflazione dello 0,7%. Numeri contrastanti che riflettono però quelli di un Paese su cui c'è chi consiglia di investire: «Rimaniamo complessivamente positivi sui mercati emergenti, specialmente sui
paesi come Cina e Polonia che possono maggiormente beneficiare del miglioramento economico in atto a livello globale - spiega Massimiliano Maxia, Fixed Income Product Specialist di AllianzGi -. La selettività nell'investimento è comunque importante, in quanto i paesi con i migliori fondamentali economici saranno maggiormente favoriti. Dal punto di vista dell'investitore europeo e relativamente all'investimento obbligazionario, i più alti rendimenti reali rispetto a quanto offre l'investimento nei paesi dell'area Euro, unito ad un possibile recupero della valute locali rispetto a quelle "forti", rappresentano ancora un'opportunità di investimento interessante».
paesi come Cina e Polonia che possono maggiormente beneficiare del miglioramento economico in atto a livello globale - spiega Massimiliano Maxia, Fixed Income Product Specialist di AllianzGi -. La selettività nell'investimento è comunque importante, in quanto i paesi con i migliori fondamentali economici saranno maggiormente favoriti. Dal punto di vista dell'investitore europeo e relativamente all'investimento obbligazionario, i più alti rendimenti reali rispetto a quanto offre l'investimento nei paesi dell'area Euro, unito ad un possibile recupero della valute locali rispetto a quelle "forti", rappresentano ancora un'opportunità di investimento interessante».
«È lecito attendersi altri rialzi dei tassi d'interesse soprattutto nei paesi in cui le banche centrali non hanno ancora fatto interventi recentemente (Indonesia, Russia) o hanno promosso misure insufficienti (Sud Africa, solo 50 pb dal 5 al 5,50%). La crisi dei mercati emergenti ci fa ritenere molto rischioso un investimento nel medio periodo nei paesi emergenti più a rischio (quelli con deficit delle partite correnti particolarmente elevati ovvero Indonesia, Russia, India, Brasile, Venezuela e molti stati dell'Asean). Nel brevissimo periodo, in termini speculativi, ci potrebbero essere occasioni di profitto cercando di anticipare le manovre di rialzo dei tassi, ma solamente per gli investitori con una forte propensione al rischio», spiega Filippo Diodovich di Ig.
«In media i Paesi Emergenti si trovano oggi a fronteggiare una difficile situazione nella quale devono conciliare tassi d'inflazione elevati, retaggio degli eccessi del ciclo del credito e di liquidità, e crescita in rallentamento, conseguenza del sommarsi degli squilibri esterni con l'inizio del tapering. Ogni azione restrittiva di politica monetaria, necessaria per contrastare la crescita dei prezzi, rischia di produrre effetti moltiplicativi negativi sulla crescita; proprio in questa fase già complessa per il drenaggio di liquidità da parte soprattutto di Usa e Cina - spiega Donatella Principe, Responsabile Institutional Business di Schroders Italia - la crescente attenzione degli investitori ai fattori guida dei Paesi Emergenti sta forzando all'azione anche quei governi e quelle banche centrali che fin a oggi sono stati eccessivamente lenti nel reagire alle crescenti sfide economico-finanziarie. In molti casi queste azioni sono percepite come "too-little too late", ma saranno un percorso obbligato per tutto il 2014. Alcune importanti scadenze elettorali (Brasile, Turchia, Sud Africa…) potrebbero tenere diversi paesi in uno stato temporaneo di limbo, ma diventa sempre più imprescindibile l'azione di governi e banche centrali nel contrasto di fenomeni di crisi che hanno prodotto tra i loro effetti anche forti svalutazioni dei tassi di cambio. Sul fronte positivo la transizione appare aver già fatto il suo corso in alcune economie, come il Vietnam e la Russia, che hanno sperimentato già negli anni passati cicli restrittivi. Queste sono le aree che potrebbero presentare le migliori opportunità nel segmento delle obbligazioni in valuta locale». «Il mercato delle valute - continua Principe - offre singole possibilità di trovare valore piuttosto che una generalizzata opportunità d'acquisto. I tre parametri guida nella selezione dei tassi di cambio sui quali puntare sono un'elevata svalutazione nei mesi passati, associata però a una ripresa dell'andamento degli scambi commerciali e a un'attività economica che deve già aver toccato il punto di minimo del ciclo. Tra i paesi che meglio interpretano queste caratteristiche vi sono alcuni esempi dell'Est Europa (come l'Ungheria) o l'India, che potrebbero essere tra le interessanti recovery-story del 2014.
In questo momento la Turchia è nella bufera. I tassi sui bond a 10 anni sono saliti al 10,18%. Nell'ultimo anno la lira turca è stata la peggiore valuta nei confronti del dollaro con un deprezzamento a doppia cifra. Questo fenomeno ha spinto nelle ultime ore la Banca centrale della Turchia ad adottare una manovra senza precedenti. In una sola notte, con un colpo di bacchetta magica, ha alzato il tasso di riferimento di 425 punti, dal 7,75% al 12%. Con il duplice obiettivo di dimostrare ai mercati che dietro la lira turca c'è una banca centrale forte e, allo stesso tempo, di rendere ancora più attrattivi gli investimenti in Turchia. La domanda è proprio la seguente: conviene a questo punto investire in Turchia, forte degli alti rendimenti dei bond e delle prospettive sul cambio (se dovesse riapprezzarsi sull'euro per un investitore europeo equivarrebbe a un ulteriore guadagno così come al contrario, in caso di ulteriore svalutazione, il guadagno sui bond sarebbe eroso dall'effetto cambio) ? Bisogna però tenere presente che dopo la decisione della Banca centrale turca la lira ha già recuperato l'8% nei confronti del dollaro. «Ci aspettiamo un recupero a breve termine della lira turca, ma una volta che il polverone sulla decisione di aumento venga assorbito dai mercati ci aspettiamo che l'attenzione degli investitori si riconcentri sulle prospettive a breve termine per la Turchia e in particolare sulle prossime elezioni (marzo) che arrivano in un momento di crisi politica», spiega Deanie Marie Haugaard Jensen, analista di Nordea. La Turchia quindi rimane un mercato "bollente" e rischioso. «La misura "monstre" della Central Bank of the Republique of Turkey sembra aver avuto solo un effetto temporaneo sul cambio. Dopo poche ore sono tornate ulteriori tensioni che hanno costretto la Banca Centrale a intervenire ulteriormente acquistando lire turche e vendendo dollari», spiega Filippo Diodovich di Ig. Per Jean-Dominique Bütikofer, Head Emerging Markets Sovereign and FX di Union Bancaire Privée, UBP «Fino a quando l'outlook politico resterà incerto, la valuta turca dovrebbe scambiare tra 2,15 e 2,25. I risultati delle elezioni locali di fine marzo ed eventualmente delle elezioni presidenziali di luglio potranno dare maggiore chiarezza. Con i rendimenti sopra il 7% per il JP Morgan GBI-EM global diversified e il forte deprezzamento delle valute dei paesi emergenti, gli investitori trovano nuovamente attraenti le operazioni di carry-trade , a patto di resistere alla volatilità sul mercato forex. La tempistica di ingresso sarà più tecnica, ma gli investitori dovrebbero avvantaggiarsi delle esagerazioni dei mercati per aumentare gradualmente l'esposizione verso il debito dei paesi emergenti».
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